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mercoledì 15 febbraio 2017

Confraternite, legalità e senso civico

Estratto dall'intervento di Giovanni Schinaia del 20 maggio 2015 presso la chiesa di San Domenico a Taranto. Convegno promosso dalla Confraternita SS.ma Addolorata e San Domenico


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Mi è capitato qualche volta di far notare ai miei alunni la parola che in molti dei dialetti del nostro sud Italia e non solo, si utilizza per indicare una persona qualunque, uno di cui non si conosce il nome. Si è soliti dire “un cristiano”. Ce ne offre testimonianza anche Manzoni che, come ognun sa, nei Promessi Sposi ha preso a modello la lingua viva della Firenze del suo tempo. Perché “cristiano”? Si tratta con ogni evidenza di un retaggio culturale. Una sopravvivenza linguistica di un tempo in cui la civitas e la christianitas non solo si sovrapponevano ma tendevano in definitiva a identificarsi l’una nell’altra. L’uomo intanto era “civis” in quanto era un “christianus”. Purtroppo la riflessione storiografica sul medioevo cristiano è ancora oggi fortemente, fortemente ideologizzata. Ed  è un vero peccato, perché tante volte la percezione che abbiamo della civiltà cosiddetta medievale risulta sfalsata. Nell’ansia di catalogare tutto come “secoli bui”, rischiamo di non accorgerci non di pochi lumi, ma di autentici fari che illuminano le arti, la letteratura, le scienze, la politica, la stessa religione cristiana.

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E del fenomeno confraternale proprio allora dobbiamo ricercare le più lontane origini. È vero che la quasi totalità delle Confraternite oggi operanti in Italia e nei paesi di lingua spagnola e portoghese, fanno risalire le propria fondazione a quella grande stagione di grazia per la Chiesa che fu il periodo successivo al Concilio di Trento, ma è vero anche che esse raccoglievano allora in tutti i casi la piena eredità di un fenomeno che rimontava ai secoli precedenti, a quell’altra stagione di grazia, quel medioevo che vide la nascita e la diffusione degli ordini mendicanti, i primi frutti della missione ad gentes, e prima ancora il fiorire delle varie riforme del monachesimo benedettino.

Le Confraternite nascono allora, a suo tempo, come una espressione si della Chiesa, ma anche e soprattutto della società civile in un periodo in cui, come si è detto, le due cose tendevano a coincidere: civitas e Christianitas. Si capisce allora perché, in una società che riconosceva i valori cristiani come propri valori fondanti, un discorso sulla legalità era inscindibile da un discorso sulla moralità. Chi era il bravo cittadino? Il bravo cittadino era il bravo cristiano, in una società e in un’epoca in cui rispettare le leggi dello stato era in definitiva una conseguenza di rispettare e osservare le leggi della chiesa. E allora in quella società, c’erano i “cristiani”, cioè i cittadini comuni, in quell’accezione sopravvissuta nei nostri dialetti – come accennato – e c’erano poi, fra i cristiani, quegli uomini che avevano operato una più radicale scelta di vita cristiana, per vivere si nel mondo ma portando in quel mondo il carisma di uno dei grandi ordini religiosi, domenicani, carmelitani, francescani, serviti, agostiniani, etc. a cui pretendevano di richiamarsi. 

E come lo si portava questo carisma? Anzitutto nel culto, quello liturgico e quello delle pratiche della pietà popolare, e poi nella formazione e quindi nella carità fattiva.  Questi uomini che avevano compiuto una tale scelta di più radicale vita cristiana, altri non sono che i nostri predecessori, i fondatori delle nostre Confraternite, e dopo di loro tutti quei Confratelli delle generazioni passate che ci hanno preceduto vivendo nel mondo il medesimo carisma, quei Confratelli dei quali noi, oggi, cerchiamo e ci sforziamo di essere degni continuatori. 

(...) Se parliamo oggi di senso civico, di convivenza civile e di legalità, mi sembra indispensabile ricordare, anzitutto a noi stessi, che il fenomeno Confraternale si presenta sin dalle sue origini come un presidio di quel senso civico, di quella convivenza civile. E non poteva essere altrimenti in un mondo in cui, come si è detto, la Christianitas, di cui le Confraternite erano e sono espressione, coincideva con la comunità dei cittadini. È interessante andare a spulciare un po’ negli antichi statuti delle nostre Confraternite. Oltre a elencare i doveri relativi al culto, alla partecipazione alle varie cerimonie, al sostentamento delle opere di carità, gli statuti si preoccupavano sempre anche di dettare alcune elementari norme di convivenza civile. Un buon Confratello era non solo quello che partecipava alle varie funzioni, non solo quello che non faceva mancare il proprio sostentamento alla sopravvivenza e alle opere delle Confraternita. Un buon Confratello era anche, sempre, un buon cittadino. 

Naturalmente questa piccola finestra l’abbiamo aperta su un’epoca trascorsa. È un discorso che vale per il medioevo, e che - per quelle terre come le nostre rimaste tutto sommato cattoliche – vale ancora per la stagione post tridentina, fino al ‘600 e al secolo successivo. Ora, non ignoriamo naturalmente tutto quello che c’è fra noi e quell’epoca. C’è la rivoluzione francese, c’è il positivismo, ci sono le ideologie che hanno tentato di ridurre la questione religiosa a un fatto privato, senza rilevanza sociale, c’è il secolo ‘900 con le sue ideologie neo pagane. Ma c’è anche la risposta della Chiesa: basti ricordare la Rerum Novarum di Leone XIII, i luminosi magisteri di san Pio X, del Servo di Dio Pio XII, c’è il Vaticano II e Paolo VI, e per venire più a noi, ci sono gli insegnamenti sempre attuali di san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. (...)

Ci limitiamo a notare qualcosa che è di immediata evidenza per tutti. Lo scarto più importante fra noi e quel passato che sommariamente ho ricordato è l’affermazione moderna nel nostro occidente di una società laica. Ora non stiamo qui a discutere se questa laicità della società sia stata per la Chiesa una sconfitta o piuttosto un’occasione. Ci fermiamo al dato di fatto. La società di ieri era una società che si richiamava esplicitamente ai valori cristiani; e oggi invece la società è laica e quei valori, laddove ci sono, rimangono sullo sfondo per chi li condivide, o sono semplicemente ignorati, per chi non li condivide. Per la verità accade anche che siano apertamente avversati, ma anche questo è un altro discorso.
Rispetto al passato quindi, per usare ancora l’immagine che abbiamo introdotto, la christianitas non coincide più con la civitas, ma di quest’ultima, al limite, costituisce solo una parte. Ci dobbiamo chiedere allora cosa rimane di quel carisma confraternale, ci dobbiamo chiedere se rimane qualcosa dell’identità di Confraternite che a suo tempo furono, come abbiamo detto, con le loro opere, con la loro stessa presenza  un presidio di convivenza civile, e quindi di senso civico e di legalità, una garanzia di vivibilità per la città e per il territorio. Personalmente penso che rimanga molto. Se le nostre Confraternite, infatti, nacquero come espressione viva e reale della Chiesa da una parte, e della società civile dall’altra, oggi, di quella stessa Chiesa continuano ad essere espressione, e per quella società, che non è più una società cristiana, almeno non programmaticamente, possono e devono diventare una risorsa. 

E mi spiego. Oggi, come ieri, decidere di aderire ad una Confraternita, significa impegnarsi ad essere un cristiano migliore, o come si usa dire, “un laico impegnato”. Significa rispondere con un si più pronto, più fattivo, più concreto a tutte le urgenze e le istanze che la Chiesa affronta giornalmente nella sua missione. Essere un Confratello oggi, dovrebbe significare insomma, vedere se stessi non già come una sorta di utenti di un servizio – la Messa, i Sacramenti, le processioni – bensì come operai della vigna, per ricordare le parole dell’amatissimo Benedetto XVI, o addirittura come soldati combattenti la buona battaglia, per parafrasare l’apostolo san Paolo. Essere Confratello oggi dovrebbe significare il sentirsi in prima linea, impegnato, interpellato. E così si sentivano i nostri predecessori, i maiores ai quali con gratitudine dobbiamo la fondazione dei nostri sodalizi. Solo che all’epoca un sentire di questo tipo doveva apparire connaturato a quel tipo di società, con quelle caratteristiche cui abbiamo accennato. Oggi invece, un sentire di questo tipo può costituire una risorsa, un valore aggiunto, per una società che, dalla laicità è facilmente e prevedibilmente scivolata verso il laicismo, e rischia così di dimenticare o comunque di trascurare una dimensione realmente umana della civile convivenza. La soluzione alla mancanza di humanitas può e deve essere la proposta cristiana, in tutta la sua freschezza, in tutta la sua modernità – non modernismo – modernità! La proposta cristiana in tutta la sua bellezza, per citare il nostro Arcivescovo mons. Filippo Santoro che si rivolgeva proprio alle Confraternite protagoniste della Settimana Santa tarantina; la proposta cristiana in tutta la sua giovinezza, in tutta la sua ragionevolezza.


(...) Lo dice la voce della Chiesa. Lo troviamo scritto nei documenti del Concilio Vaticano II. La Gaudium et Spes (30) invita i “singoli uomini e i gruppi” a coltivare “le virtù morali e sociali”. E quando parla di gruppi, sta parlando anche di noi, posto che viviamo la Confraternita come un più radicale incorporamento alla Chiesa di Cristo. Lo ricorda san Giovanni Paolo II (10 novembre 1990, a Napoli): “Non c’è chi non veda l’urgenza di un grande recupero di moralità personale e sociale, di legalità. Sì, urge un recupero di legalità!”
Il rapporto fra moralità cristiana e legalità fu in seguito chiarito dalla Conferenza dei Vescovi nella nota pastorale “Educare alla legalità” (1991): la moralità va intesa come “libera accoglienza interiore ed esteriore di ogni giusta norma” e la legalità come “comportamento in linea con la normativa vigente.
(...)

E tanto ritroviamo nell’insegnamento del grande e amato Benedetto XVI che più volte ha individuato le cause delle crisi economica che ancora viviamo, in una più profonda crisi etica, in quel diffuso individualismo, che spinge l’uomo “a soddisfare innanzitutto i propri bisogni e desideri, preoccupandosi poco degli altri” (12 gennaio 2012). E come risponde la comunità cristiana? Lo dice ancora Benedetto: accoglienza, solidarietà, legalità. (...)  In altre parole, quello che le nostre Confraternite hanno sempre fatto, quella solidarietà, quella prossimità, quella capacità di stare nel mondo portando la carezza di Dio, con le proprie devozioni e con le proprie opere di carità. Può sembrare un paradosso: una società che sembra fare di tutto oggi per fare a meno di Dio, proprio in questo retaggio dell’evo cristiano, proprio nelle nostre Confraternite può trovare una risorsa, una occasione, grazie a quella moralità del nostro carisma che, uscendo da queste quattro mura, si traduce sempre in legalità, in senso civico, in superamento dell’individualismo, in occasione di vivibilità. Allora andiamo avanti, nel carisma dei nostri padri, chinato sulle esigenze del nostro presente, ce lo chiede la società, ce lo conferma l’insegnamento della Chiesa.

La tradizione ieri come oggi è sempre giovane!

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