È almeno a partire dal IV secolo che i Padri latini hanno identificato simbolicamente il dolore di Maria con la spada della profezia di Simeone. Un dolore iniziato per Maria, a partire dal momento stesso del suo “ecce ancilla Domini”, con un concepimento tutto ancora da chiarire al suo promesso, con una nascita in un ricovero di fortuna perché “per loro” non c’era posto altrove, con l’inquietante profezia di Simeone, con la fuga in Egitto, con lo smarrimento del giovinetto Gesù al tempio, e poi con l’abbandono di quel figlio da parte di tutti quegli amici che fino a poco prima lo avevano riconosciuto e seguito come maestro, e infine con la tragedia del processo, della condanna, della flagellazione, della crudele esecuzione di quel figlio, e della sepoltura di lui nella nuda terra.
Da allora, fra gli apostoli del culto dell’Addolorata si ricordano i dottori Sant’Anselmo e San Bernardo di Chiaravalle, il beato Jacopone da Todi, a cui è attribuita la laude Stabat Mater, che nel ‘700 sarà accolta anche nella liturgia, e soprattutto i sette nobili fiorentini che, nel 1233, presero per i propri abiti il colore nero del lutto di Maria, e si ritirarono in penitenza sul monte Sanario, ponendosi sotto la protezione della Vergine Addolorata: erano i Santi Fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria che da allora propagherà nell’ecumene cristiano il culto per l’Addolorata. Si diffusero anche dei tipi iconografici: la Madonna, sempre vestita a lutto, portava in mano, o sul petto, il cuore flammato trafitto, solitamente da uno, tre, cinque o sette stiletti.
La Madonna piangente è stata sempre venerata come l’unico lume della Chiesa nascente rimasto accesso il Sabato Santo, la Vergine della Speranza, dell’attesa della Resurrezione. Secondo la tradizione cultuale che ha sempre associato la Madre al Figlio, ricalcando su quest’ultimo le sue prerogative, l’Addolorata è sempre stata raffigurata presente ai vari momenti della Passione, anche quando i Vangeli non lo dicono esplicitamente. La si è immaginata presente alla flagellazione e poi durante la salita al calvario, tanto da rappresentarla così nella IV stazione della Via Crucis; sulla scorta del racconto evangelico di Giovanni, la si è raffigurata ai piedi della Croce, mentre raccoglieva le ultime parole del Figlio morente e mentre diceva nuovamente il suo “Ecce Ancilla Domini”, come nel giorno dell’Annunciazione, questa volta per divenire Madre di tutta la Chiesa; la si è raffigurata ancora ai piedi della Croce, nella composizione della “pietà”, mentre accoglieva nel grembo, come un tempo il Bambinello, ora il corpo esanime del Figlio, prima di affidarlo alla sepoltura; e la si è raffigurata mentre compone quel corpo nel Sepolcro, in attesa della Resurrezione promessa, rispettivamente la tredicesima e la quattordicesima stazione della tradizionale Via Crucis.
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