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lunedì 25 settembre 2017

I Santi Medici Cosma e Damiano e quello strano apparente pasticcio di desinenze





Le venerate immagini dei Santi Medici Cosma e Damiano sono portate in processione ogni anno il 26 settembre, data della memoria liturgica dei Santi (qui trasferita dall’originario 27 settembre, in seguito alla riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II), per le strade del Borgo Antico di Taranto, accompagnate da decine e decine di devoti Torcianti. 

Per la processione le statue sono sistemate su un’unica base, una di fianco all’altra. Guardando, a sinistra, San Cosimo, con l’ascia corta nella destra. Al suo fianco, San Damiano, con l’ascia lunga nella sinistra. Entrambi i simulacri poi, con le mani interne, rispettivamente la sinistra e la destra, a reggere la palma, simbolo iconografico che fra tutti i Santi identifica i Martiri. Ognuna delle due statue ha però una sua basetta individuale, con tanto di nome scritto… così, per non confonderli.


Ecco, i nomi scritti sulle basette, a dire il vero, sembrerebbero dare qualche problema.
Su una basetta troviamo la scritta “S. Cosimo”; sull’altra invece, la scritta “S. Damiani”.
Damiani? Ma per quale motivo a suo tempo hanno scritto una inequivocabile  “I” in luogo di una prevedibile e rassicurante “O”?
Diciamolo subito: non lo so. Se qualcuno pensa di saperlo, che si faccia avanti; personalmente lo ringrazio già in anticipo.
Nel frattempo proviamo a mettere in ordine qualche idea.

Di solito targhette e iscrizioni simili potevano essere scritte in italiano, ma anche in latino.

 - Se sono scritte in italiano

“Cosimo” appare corretto: si tratta della ben nota fiorentinizzazione dell’originale greco “Kosmas”, che fu imposta come nome a Cosimo de’ Medici nel 1389. Da allora la variante “Cosimo” si è diffusa in tutte le terre italofone, fino ad arrivare al nostro tempo, insieme alle varianti Cosma (più antico, ricalcato sull’originale) e Cosmo (con correzione della desinenza da “A” ad “O” per analogia con la maggior parte dei nomi propri maschili in italiano). 
“Damiani” appare come un errore. Ma anche gli errori devono avere una logica interna. Perché mai Damiani e non Damiano? Occorre dire che del nome Damiano è ricorsa spesso, nei secoli, la variante popolare “Damiani”, a quanto pare per influsso della devozione per San Pier Damiani, monaco, teologo e cardinale, morto nel 1072, la cui devozione è tornata in auge nel 1828, in occasione della sua proclamazione a Dottore della Chiesa. Si tratterebbe però di una variante, che, se pur comprensibile, non tiene conto di un particolare. Il monaco Pietro avrebbe a suo tempo aggiunto al suo nome di battesimo il “Damiani”, come un genitivo possessivo, a significare cioè “di Damiano”, per onorare suo fratello maggiore, un sacerdote che si chiamava appunto Damiano, che lo aveva accolto nella propria casa dopo che il giovane Pietro era rimasto orfano, e dopo una negativa esperienza in casa di un altro fratello. Il popolino però, senza porsi troppi problemi, avrebbe interpretato quel “Damiani” come semplice variante di “Damiano”. Un equivoco che sarebbe quindi arrivato fino all’artigiano, di Taranto o dintorni, che, presumibilmente a fine XIX secolo, ha realizzato le basette dei nostri Santi scrivendo – su sua iniziativa? Su indicazione del committente? – su una “Cosimo” e sull’altra “Damiani”.

- Se sono scritte in latino

È possibile anche che le scritte sulle nostre basette siano in latino. Scritte di questo tipo potevano essere concepite diversamente: con la desinenza del nominativo, del genitivo o del dativo.
Se le scritte fossero in nominativo, avremmo sulle nostre targhette un “Cosimus” (o anche “Cosmas” o Cosmus”), e un “Damianus”. Non è il nostro caso.
Se le scritte fossero in genitivo, sottintenderebbero un “statua”, “simulacrum”, “effigies”. Il senso sarebbe: “statua di…” In questo caso le nostre scritte si presenterebbero così: “Cosimi” (oppure “Cosmi”) e “Damiani”. Se fossero in genitivo quindi, ad essere sbagliato, o comunque problematico, non sarebbe il “Damiani”, bensì il “Cosimo”. Ma ci troveremmo di fronte ad un errore davvero grossolano, difficile da giustificare. Francamente improbabile.
Se le scritte fossero in dativo, sottintenderebbero un “dicatum”, a significare “dedicato a…”. Tanto per fare un paio di esempi vicini a noi. È in dativo la scritta sulla facciata della chiesa del Carmine: Dedicato dal Carmelo alla Beata Vergine Maria. Ed è in dativo la scritta sulla facciata della chiesa di San Francesco da Paola, sempre al Borgo: Dedicato a San Francesco di Paola. Se quindi le scritte sulle nostre basette sono concepite in latino, in caso dativo, la scritta “Cosimo” appare corretta (dedicato a Cosimo). La scritta “Damiani” tornerebbe invece a risultare problematica. Ci aspetteremmo un “Damiano”, dedicato a Damiano. Problematica si, ma non impossibile. Quel “Damiani” potrebbe essere stata intesa anche come una forma secondaria di quello stesso dativo. E quindi, corrette entrambe. 

Italiano o Latino? Genitivo o Dativo?
 A meno di qualcosa che, per mia sola colpa, mi sfugge o non conosco, ho idea che il piccolo enigma sia destinato a rimanere tale. 

Correggere il presunto errore? Direi che una eventuale correzione sarebbe sicuramente inopportuna. Anzitutto perché non sappiamo se si tratti effettivamente di un errore. E poi perchè, errore o no, si tratta di una testimonianza che proviene dal nostro passato. E come per tutte le testimonianze del passato: non abbiamo alcun potere di disporne o di alterarle; abbiamo solo il dovere di conservarle e trasmetterle.



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