Alessandro Della Queva
In una città caratterizzata da forti contraddizioni, maldicenze, pregiudizi, abusi ma anche da audaci iniziative private e timidi segni di ripresa economica e culturale la Processione dei Misteri di Taranto resta, ad un quarto di millennio dalla sua nascita, una certezza per la maggior parte della cittadinanza.
Pur essendo una delle più importanti manifestazioni cattoliche cristiane della città da tanti è vissuta come un momento di folklore dal sapore antico, una sorta di notte bianca mistica, un’occasione per vivere la città nel corso di una notte intera sicuri di incontrare amici e conoscenti che non si è soliti incontrare durante l’anno; un catalizzatore di attenzione anche per le province più vicine, per i taranti costretti a lavorare altrove e per i turisti che hanno scelto la primavera pugliese come stagione ideale per le proprie vacanze.
L’Arciconfraternita del Carmine, organizzatrice dell’evento, ricevette in eredità direttamente dalla Famiglia Calò l’onere e l’onore di continuare quella che all’epoca, 250 anni fa, era poco più di una tradizione di famiglia: riproporre ogni Venerdì Santo un funerale con le statue di Gesù Morto e della Madonna Addolorata secondo gli usi e i costumi del tempo.
Ai nostri microfoni Giovanni Schinaia, Vicepriore dell’Arciconfraternita del Carmine e profondo conoscitore della storia carmelitana tarantina.
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